Quanto piacciono i veleni Putin, già nel marzo del 2018 l’ex spia doppiogiochista, Serghei Skripal, insieme alla figlia Yulia viene ricoverato privo di sensi a Salisbury, nel Regno Unito. Il 14 settembre 2018, l’attivista legato al gruppo di protesta delle Pussy Riot, Piotr Verzilov, viene ricoverato in terapia intensiva a Mosca in gravi condizioni e subito trasferito in un ospedale di Berlino, dove i medici tedeschi sostengono che si tratta di un caso di avvelenamento. Analoga modalità nel 2015, l’attivista e giornalista Vladimir Kara-Murza, collaboratore dell’ex vice premier assassinato Boris Nemtsov, viene ricoverato d’urgenza in condizioni critiche a Mosca e si sospetta subito l’avvelenamento. Nel 2006, in un ospedale di Londra dopo una terribile agonia muore Aleksandr Litvinenko, ex agente dell’Fsb, poi diventato apertamente critico del Cremlino e riparato in Gran Bretagna. Litvinenko si sente male dopo aver bevuto co due connazionali del tè contaminato con il polonio-210, una sostanza radioattiva altamente tossica. Un’indagine britannica stabilisce, quasi dieci anni dopo, la responsablità di Mosca, che ha sempre negato il suo coinvolgimento. Nel 2004, lo stesso copione tocca alla giornalista d’inchiesta Anna Politkovskaya, che dopo aver bevuto del the. E così via, fino ad arrivare all’ultimo strano caso di Alexei Navalny, principale oppositore di Putin in Russia, già vittima di aggressioni, incarcerazioni e avvelenamenti in prigione negli anni scorsi. Il pilota è costretto a compiere un atterraggio di emergenza per permettere l’intervento dei sanitari che lo portano nell’unità di terapia intensiva per pazienti tossicologici nell’Ospedale di emergenza n.1 di Tomsk. L’ipotesi è quella dell’avvelenamento tramite liquido caldo.
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