14 Agosto 2018 h. 11:36 Pioveva fortissimo quella mattina, il cielo scaricava su Genova tutta l’acqua che aveva accumulato nei mesi estivi e dalla mia finestra si vedeva un muro di vapore e pioggia. Avrei voluto andare a correre prima del lavoro ma avevo dormito male, anzi, non avevo dormito affatto, maledetta insonnia. Casa mia è lontana circa 2 km dal ponte Morandi, non molti, eppure non ho sentito nulla quando è crollato, forse perché la pioggia faceva più rumore. Il telefono squilla, è mia madre che con voce ansiosa vuole sapere se stiamo bene. All’inizio non capivo perché lo chiedesse. Sintonizzo Primocanale sulla tv. Non ci sono ancora immagini chiare e tutto il racconto del cronista pare confuso ma iniziano ad arrivare le telefonate in redazione degli abitanti di Sampierdarena e le testimonianze forniscono il quadro della situazione. Il ponte Morandi è crollato davvero, non si tratta di uno scherzo di cattivo gusto, magari. Iniziano ad arrivare i soccorsi, la guardia civile, il sindaco e tutto il mondo politico si mobilita. La stampa assedia tutta la zona che circonda il fiume Polcevera, non avevo mai visto così tanti emittenti nella nostra città dai tempi del G8. Si scava, anche a mani nude, si cerca tra i blocchi di cemento armato e la polvere. 43 vittime, questo è il bilancio. La colpa di tutto ciò è evidente a tutti. La manutenzione del ponte non era stata fatta a dovere per risparmiare sui costi. Dopo 4 anni siamo ancora in attesa di giustizia.
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