“Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” recita il proverbio. Mentre si gioca a rimpiattino ci sono tre navi bloccate al largo della Sicilia con a bordo quasi mille persone salvate dalle ONG. Oslo ha rispedito al mittente qualsiasi appello dicendo di non avere “nessuna responsabilità”, mentre da Parigi hanno inviato un messaggio diverso: “Non dobbiamo lasciare sola l’Italia. Abbiamo detto all’Italia, lo abbiamo detto con la Germania, che se quest’imbarcazione verrà accolta dall’Italia, accoglieremo una parte dei migranti, delle donne e dei bambini, perché l’Italia non abbia da sola il fardello di questo arrivo dei migranti”. Parliamoci chiaro, l’Italia non è in grado, seppur temporaneamente, di prendersi cura di tutti gli sbarchi. Non abbiamo strutture adeguate per contenere il flusso migratorio, e mentre ci si riempie la bocca di frasi sull’umanità e l’accoglienza, laggiù, in mezzo al mare le onde si fanno sempre più alte. Urge una soluzione definitiva. Salvare le vite a rischio in mare è un obbligo morale e legale per gli Stati membri secondo il diritto internazionale, indipendentemente dalle circostanze che hanno portato le persone a ritrovarsi in una situazione di difficoltà. La propaganda a sfavore dei migranti e a sostegno dei porti chiusi di Giorgia Meloni nega che vi siano concreti aiuti da parte dell’UE. In realtà la ripartizione dei profughi è ben delineata da Bruxelles. Roma continua con sterili polemiche a chiedere un maggiore coinvolgimento dell’Europa, e l’UE ricorda come ormai da cinque mesi sia attiva un piattaforma per il ricollocamento dei migranti alla quale hanno aderito 21 Stati Ue e tre associati. «Al momento si registrano 8.000 offerte di relocalizzazioni – ha proseguito – Il meccanismo può essere utilizzato anche per redistribuire i migranti al momento bloccati sulle navi al largo dell’Italia». Come a dire: l’impegno europeo c’è.
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