Il blog di Marco Sommariva è un diario fatto di racconti e testimonianze di chi, in prima linea, tutti i giorni lotta contro la morte per salvare vite in questi giorni di emergenza coronavirus. Una penna che narra e riporta sfoghi, confessioni, pensieri e frustrazione di medici e infermieri tramite la sua sincera, a tratti cruda e senza fronzoli, narrazione. Ringrazio Marco per l’onore di aver inserito all’interno del suo blog, alcune delle mie illustrazioni e vignette.
(…) una morte sporca e senza significato.
La valle dell’Eden (1952), di John Steinbeck
Ciao Marco.
Oggi due decessi e tre ricoveri “tranquilli”; in percentuale, ai colleghi che ho sostituito è andata peggio: tre ricoverati, di cui due morti. È così che si fa, giusto? Bisogna parlare di numero di morti e nient’altro, o sbaglio? Oggi ho letto qualcosa di molto interessante: “Trattare una malattia come fosse una guerra ci rende ubbidienti, docili e, in prospettiva, vittime designate. I malati diventano le inevitabili perdite civili di un conflitto e vengono disumanizzate.” Ecco, appunto, disumanizzate: dei numeri, appunto. Meglio che lascio perdere ‘sto discorso; se no, mi faccio del gran nervoso, e non me lo posso di certo permettere in un periodo come questo.
Forse non ti ho ancora detto che i nostri turni durano sette ore e un quarto, senza alcun genere di pausa, neppure per un caffè; tipo dalle 12.45 alle 20.00, per esempio.
Sono turni duri, ma è proprio perché c’è tanto da fare che, alla fine, passano in fretta: oggi, la prima volta che ho guardato l’orologio mancava un’ora all’uscita.
Sono appena rientrato da un turno di lavoro molto faticoso. Ho gli occhi stanchi, il segno della mascherina sull’ala del naso (ormai è un callo), un mal di testa fottuto e una sete infinita: per via della mascherina, si respira tutto il giorno un’aria viziata e si suda tantissimo.
Ma bisogna resistere, e resistiamo. Chissà fino a quando.
Così travestiti in ospedale non ci si riconosce neppure tra colleghi, l’unico elemento che ci aiuta è la voce.
Ogni giorno svolgiamo i nostri rituali faticosi di vestizione e svestizione, facendo massima attenzione a tutto e sanificando oggetti e strumenti.
Marco, te lo dico bello chiaro: siamo in una situazione delirante e non se ne vede la fine.
Ogni tanto mi deprimo: l’ansia di contagiare i familiari, la paura di ammalarmi, che s’ammali qualcuno di famiglia.
Talvolta tendo a cedere, poi mi dico che non posso e mi faccio coraggio, e penso al prossimo turno di lavoro, a quando assisterò nuovamente a questa impari lotta tra la vita e la morte.
A presto.
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