Luiz Inácio Lula da Silva è, per la terza volta, il presidente del Brasile, vincendo al ballottaggio contro l’uscente Bolsonaro per un piccolo scarto di voti. Perché rallegrarsi della vittoria di Lula? Voglio dire, il Brasile è là, noi siamo qua, che ce frega?!! La politica influenza la vita di tutti, pure quella che pare geograficamente lontana e che ci consente l’apparente alibi di disinteresse. In soli quattro anni Bolsonaro ha indebolito le istituzioni democratiche, ha attaccato senza pudore la Corte Suprema e il Tribunale Superiore elettorale, ha creato una macchina per diffondere notizie false, ha gestito in maniera criminale la pandemia di covid-19, paragonandola a “un’influenzetta” e negando l’efficacia dei vaccini e delle misure di restrizione per prevenire la circolazione del virus. La pandemia ha provocato più di 680mila vittime in Brasile (il quinto paese con più morti per covid del mondo secondo l’Organizzazione mondiale della sanità). Poi ci sono state, e questo è il punto su cui s’incentra il mio ragionamento, le misure che hanno allentato le regole per il possesso delle armi e la sconsiderata politica condotta in Amazzonia. Bolsonaro ha adottato una serie di misure per incentivare le concessioni minerarie e l’attività di estrazione nei territori indigeni e ha ridotto la vigilanza ambientale in tutto il paese tagliando i fondi e riducendo i compiti delle istituzioni statali che se ne occupavano. Durante il suo mandato la deforestazione e gli incendi sono cresciuti così tanto che, secondo molti scienziati, la foresta sta raggiungendo il punto di non ritorno, quello cioè in cui comincia a emettere più carbonio di quanto ne possa assorbire, entrando così in un processo di desertificazione. Secondo quanto emerge dal rapporto dell’associazione ambientalista Greenpeace, che si basa sui dati raccolti dall’Istituto brasiliano di ricerche spaziali (INPE), nel 2019, anno in cui Bolsonaro entrò in carica, il tasso annuo di deforestazione in Amazzonia era di 7.536 km2. Tre anni dopo, l’INPE ha annunciato che, tra agosto 2020 e luglio 2021, sono stati distrutti 13.235 km2 di Amazzonia: un aumento del tasso di deforestazione di oltre il 75 per cento rispetto al 2018. Un inesorabile peggioramento che si presagiva già durante il primo anno di governo, in cui la deforestazione in Amazzonia era aumentata del 34% rispetto al 2018, passando da 7.536 km2 a 10.129 km2 di foresta distrutta. L’impunità che ha accompagnato l’aumento della deforestazione si è tradotta anche in un drammatico aumento degli incendi, spesso appiccati illegalmente per favorire l’espansione dell’agricoltura industriale e del settore estrattivo attraverso il cosiddetto “cambio di uso del suolo”, cioè l’eliminazione della vegetazione autoctona per fare spazio principalmente a piantagioni e pascoli, ma anche a infrastrutture e miniere. Ecco, ora, ti renderai conto che il Brasile è anche affare tuo!
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