Avete mai osservato la donna incinta ritratta da Gustav Klimt nel celebre quadro datato 1903 “Speranza”? La sua visione mi ha sempre suscitato un senso d’inquietudine, non per la nudità di un corpo gravido, per la folta chioma rossa o per il pallore della pelle tipica del rutilismo, e neppure per l’eccessiva magrezza e l’oftalmopatia tiroidea. C’è qualcos’altro. Colgo nello sguardo insoddisfazione, rassegnazione verso una pancia che cresce e per il suo contenuto, frutto di un incontro intimo non desiderato. Guardo quell’espressione e mi pare che dica “guardami, sono un contenitore, dentro di me cresce un figlio che non desideravo.” In Italia abbiamo la Legge 194 che regola l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. una legge che ha sempre trovato difficoltà ad essere applicata a causa dei medici obiettori di coscienza e politici pro vita. Dal 1978, anno in cui è passata la legge, più che passi in avanti si son fatti indietro. Il demerito è anche a causa di affermazioni come quella fatta della ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità Eugenia Roccella: «L’aborto fa parte di una delle libertà delle donne?». Risposta, ripetuta due volte: «Purtroppo sì», «purtroppo sì e non è una bella cosa. Non lo consideravo una bella cosa neanche quando combattevo per avere una legge. La 194 è una buona legge molto equilibrata però le donne non sono felici di abortire». Fermi tutti. Abbiamo già visto tentativi da parte di Fratelli d’Italia e Forza Italia di modificare se non annullare la legge 194 riempiendosi la bocca di parole come “prevenzione” o “alternativa all’aborto”. Fratelli d’Italia ha presentato al Senato un disegno di legge pro-life firmato da Roberto Menia e prima di lui ci aveva già provato Maurizio Gasparri di F.I. L’obiettivo del ddl: «dichiarare che ogni uomo ha la capacità giuridica in quanto uomo, cioè che la soggettività giuridica ha origine dal concepimento non dalla nascita». In termini politici e giuridici questo disegno di legge equipara le donne che vogliono interrompere una gravidanza a delle assassine come era previsto nel Codice Rocco». Quindi, da una parte abbiamo la pantomima del governo Meloni che vorrebbe dare alternative alle donne per non farle abortire mettendo come ai muli una carota legata a un bastone. Peccato che la carota metafora dell’alternativa all’aborto sia insoddisfacente. Segnatevi questa dichiarazione del Presidente Giorgia Meloni perché verrà utile quando la legge sarà abrogata: «Non intendo abolire la legge 194. Non intendo modificare la legge 194. In che lingua ve lo devo dire? Voglio applicare la legge 194, aggiungere un diritto: se oggi ci sono delle donne che si trovano costrette ad abortire, per esempio perché non hanno soldi per crescere quel bambino, o perché si sentono sole, voglio dare loro la possibilità di fare una scelta diversa, senza nulla togliere a chi vuole fare la scelta dell’aborto». Diciamo che potrei essere anche d’accordo sull’alternativa all’aborto se dettata da condizioni economiche sfavorevoli, ma prima di mettere le mani su una legge importante come la 194 bisogna aumentare e adeguare i salari femminili, creare le condizioni per poter far lavorare le neomamme e migliorare le strutture ricettive come gli asili nido. Per chi invece pensa che la gravidanza indesiderata è dovuta alla mancanza di prevenzione scriviamo due dati sulla pillola, il più utilizzato metodo contraccettivo. La pillola è un contraccettivo molto efficace, tuttavia circa il 9% delle donne che la usano regolarmente rimane incinta nel primo anno di assunzione; la percentuale scende invece sotto all’1% quando viene assunta rispettando rigorosamente la prescrizione: per essere efficace, infatti, la pillola deve essere assunta tutti i giorni alla stessa ora. Ricordo che in Polonia, che fa parte dell’Unione Europea, l’aborto è vietato, sia nel caso di pericolo per la gestante che in caso di stupro e non vorrei mai che anche l’Italia prendesse questa strada sovranista.
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